giovedì 11 giugno 2009

MASOCH L'EDUCATORE


Leopold Von Sacher Masoch è stato uno scrittore austriaco vissuto nella seconda metà dell’Ottocento. Il suo nome è noto principalmente per essere entrato a far parte della terminologia psicoanalitica a indicare la patologia di chi gode nel ricevere dolore (masochismo). Certo è che in realtà i suoi meriti sono ben altri: il suo talento letterario ad esempio, i bellissimi romanzi in cui descrive quella che è stata poi catalogata come una delle più serie perversioni, descritta come l’unica forma di amore da egli conosciuta.

Nel suo più famoso romanzo La venere in pelliccia, si narra proprio di questa storia amorosa “contrattuale” che egli visse con l’aristocratica galiziana Fanny Pister Bogdanoff nel 1869, anno in cui per sei mesi egli si comportò a tutti gli effetti come un autentico schiavo, sotto accordo, pregando la crudele compagna di indossare solamente una pelliccia durante i loro rapporti sessuali.

Fanny (Wanda nel romanzo) come tutte le altre donne descritte da Masoch, è un’ immagine divina, manifestazione della più tremenda e celata natura, demone elegante che ogni lusinga in eccesso tramuta in bestemmia. Ella è, essenzialmente, una madre che esige di essere adorata.

L’inizio del loro rapporto avviene contrattualmente, come giustamente fa notare Gilles Deleuze nel suo Presentazione di Masoch, a differenza della meccanica sadica in cui il carnefice istituisce egli stesso le sue leggi.

Quello descritto da Masoch è l’uomo pensatore, l’intellettuale, colui che vive rinviando e che dunque non vive, o almeno lo fa a metà. Colui che ha bisogno di andare contro la natura perché questa gli si manifesti. Le donne di Masoch, difatti, non sono mai completamente svestite. Lasciano trasparire i loro corpi dietro pellicce, stivali, indumenti di pelle, accompagnate da fruste e altri feticci.

Quella che noi siamo abituati a denominare con il termine Masochismo, era dallo stesso scrittore indicata come una dottrina avente il nome di sovrasensualismo, ovvero come sublimazione dell’amore negli oggetti, un rigoroso movimento contronatura che vede prediligere la sfera “onirica” a quella reale: “munirsi di ali” come dice Masoch, sospendere cioè gli atti per riportare l’attenzione della vittima verso un’immagine irreale, un fantasma o una statua, una sorta di fotografia, che potremmo benissimo confrontare con l’Angelo descritto da Rilke nelle Elegie Duinesi: tremendo e indifferente. Ed effettivamente la vittima può essere paragonata benissimo al poeta che arrivando alla piena consapevolezza della sua incompletezza contro la perfezione ontologica dell’angelo, prova una sorta di estasi, che si manifesta nel suo stesso canto.

Così è per Masoch: il suo essere sottomesso insegue la ricerca dell’estasi (ec-stasis, l’uscire fuori da se, l’assoluto districarsi). Ma l’unico mezzo che conosce per permettere che questo avvenga, è proprio quello dell’educazione totale di sé, la punizione, una correzione talmente totalizzante da provocare per paradosso l’effetto opposto, ovvero quello della più pura corruzione, l’esito più Santo e per ciò stesso Osceno.

L’esempio più assoluto di personaggio masochista, è proprio quello di Gesù Cristo, che arriva a farsi uccidere pur di mutare se stesso in spirito.

Un’educazione, quella di Masoch, mirata al trasmutamento della propria sensualità, che lo porti a desiderare di far parte di quel riflesso che vede di se stesso allo specchio, per essere pari ad un’opera d’arte, essere cioè annullato nella perfezione estetica.

Deleuze fa difatti notare inoltre come il masochista sia sostanzialmente un esteta, a differenza del sadico. E in tutto questo discorso si ruota principalmente attorno all’Amore, ovvero a questo propulsore che permette di avvicinarsi a quella figura eterica e che porta al mutamento, facendo questo, della materia stessa. L’amore inteso, dunque, come gesto più spietatamente anti-naturale. L’amore freddo, indifferente e dunque effettivamente più reale e al contempo divino.

Luca Atzori

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