mercoledì 21 marzo 2012

TORINO MAD PRIDE TEATRO

Come tutte le iniziative del Torino Mad pride, anche la rassegna teatrale ha come obiettivo quello di creare un'interazione fra il mondo dei cosidetti “normali” e quello dei “matti”. Una parte (calendarizzata) si svolge presso la struttura dell'ex poveri vecchi, in via San Marino 10, ed è quella che ospita compagnie di professionisti o semi-tali conosciuti nel circuito torinese, che recandosi presso la struttura dell' ASL 1 hanno modo di incontrare i pazienti dei centri diurni, c.s.m., comunità e quant'altro.

Un'altra parte, non calendarizzata, si colloca presso i locali e teatri di Torino, dove invece chi si esibisce sono proprio persone che vivono disagi psichici i quali incontrano la vita dei “normali”.

Perché questa netta divisione, se è proprio l'incontro e l'interazione che si ricerca?

La realtà della ghettizzazione è imprescindibile, non si può trascurarne l'esistenza. La situazione attuale è così. La rassegna teatrale è un vero e proprio trait d'union.

La rassegna, di per sé, è un grande evento che si muove oltre il teatro e intende simboleggiare la crescita di Torino Mad Pride, quindi la formazione della sua identità. Il lavoro che spera di svolgere è incentrato oltre che sulla cultura, anche sull'incontro. Il teatro da sempre è stato un modo per creare aggregazione, narrare, ritualizzare. Il fatto che i pazienti psichiatrici e le persone “normali” si incontrino e condividano questo genere di esperienza umana, credo vada oltre qualsiasi interpretazione che si serva di etichette. Ci si incontra fra uomini e si festeggia la diversità di ciascuno, il che è pleonastico, perché questo, credo, è il significato dell'incontro, sempre.

Luca Atzori

giovedì 8 marzo 2012

ODRADEK





"Gli uni dicono che la parola Odradek derivi dallo slavo e cercano in questo modo di rintracciare la formazione della parola. Altri invece pensano che derivi dal tedesco, e sia soltanto influenzata dallo slavo. L'incertezza di questi due pareri però lascia forse concludere a ragione che nessuno dei due sia giusto, soprattutto che con nessuno dei due si riesca a trovare un significato della parola. Naturalmente nessuno si occuperebbe di simili studi, se non ci fosse davvero un essere che si chiama Odradek."

Il cruccio di un padre di famiglia, Franz Kafka

Questo era l'ìncipit del misterioso racconto di Franz Kafka, intitolato "il cruccio di un padre di famiglia". Esso si forma di una narrazione che si muove intorno alla descrizione di un oggetto, il quale a tratti sembra diventare un essere vivente, per poi mostrarsi addirittura come umano. Inizialmente Kafka lo paragona a un "rocchetto di spago piatto a forma di stella" fino ad arrivare, dopo disparate contraddizioni, a farcelo immaginare come mobile, perciò animato, e alfine addirittura giungere a rivelarci la sua capacità di parlare, per concludere iperbolicamente con la rivelazione che sia addirittura immortale.
Che motivo avrà avuto Kafka di scrivere un racconto a tal punto bizzarro, illogico e buffo?
Può esserci nascosta dietro un' intenzione filosofica, dove si voglia indagare l'ontologia di qualcosa che non può in alcun modo essere. Qualcosa che violi il principio di non contraddizione aristotelico.
Può essere, anche se credo che Kafka avesse l'intima intenzione di andare oltre questi più (seppur legittimi) argomenti prevedibili. Forse, sarebbe meglio pensare che il suo desiderio fosse quello di andare più nello specifico, all'interno di un particolare intrascurabile.
Per prima cosa, credo che Kafka alluda, con Odradek, vagamente a sé stesso. Infatti Odradek, come Kafka, non è né slavo né tedesco. Ride senza polmoni, e si sa che Kafka soffrisse problemi di natura polmonare. Viene descritto come taciturno, e un tratto caratteriale di Kafka era certo la timidezza estrema. Sembra quasi che Kafka descriva sé stesso agli occhi di un padre che sia disgustato dal proprio figlio. Come se quel padre che lui tanto odiava (e che pare corrispondesse il suo sentimento) non fosse, tutto sommato, che un padre interiore. Un padre che lui, figlio, si sarebbe trovato costretto a sopportare dentro di sé fino alla fine dei suoi giorni. Forse quell'Odradek è per questi una minaccia perché vede il suo unico desiderio di distruggerlo, farlo fuori, liberarsene. Teme che gli possa sopravvivere, come a far restare di sé unicamente la propria negazione.
Credo che questo pretesto intimista, già di per sé oscuro, sia destinato a un' interpretazione più strettamente letteraria. Credo che Odradek sia per Kafka la "impersonificazione spersonificata" della sua letteratura, pensata come un magma sottile e cartaceo che si muove senza direzione. Unica figlia di Kafka, come parte di lui che sopravviverà, e si muoverà come un'ombra impalpabile, fra le interpretazioni, le strumentalizzazioni, le impressioni dei lettori. Come un vagito il quale prenda vita e abdichi al desiderio primario di chi l'ha generato.
Come se tutto sommato potessimo pensare che Odradek non sia che il sunto di una simmetria fatale fra il padre e Kafka e il Kafka padre e il suo figlio, con la paradossale conformità fra i quattro, sempre impalpabili, sempre e inesorabilmente Odradek.

Luca Atzori