giovedì 11 giugno 2009

IL SESSO DEGLI ANGELI (Considerazioni sulla prima Elegia Duinese di Rilke)

Si inizia con un grido mancato, la dichiarazione di un eco strozzato nel pieno della visione di un mistero metafisico (ricorrente nel procedere pensante in Rilke). Un incipit che richiama alla condizione umana, alla sua limitatezza, al suo (sostanziale) essere povera cosa.
Rilke utilizza la figura dell'Angelo, del messaggero, dell'ente dotato di compiutezza ontologica, paragonabile ad una fotografia, estraneo alla temporalità, il quale lascia all'uomo la sua condizione di soggiogamento al divenire (specifica del suo esserci), e già conchiuso in sé, senza progetto, ma rivelato e imploso, in poche parole paradossale.
Così pure come nel libro delle immagini (sempre di Rilke), vi è la lirica Annunciazione dove al contrario l'Arcangelo Gabriele, persosi nella terra dice a Maria: "Lo spazio mi ha vinto" (e dicendo questo perde il suo messaggio nella dimenticanza). San Giovanni della Croce parlava di "luce tenebrosa e tenebra luminosa", l'unica macchia di senso che di per sé può essere considerata come il più esemplare abbaglio di non-sense.
La bellezza è inizio del tremendo proprio perché superficie di quell'impensabile e irrapresentabile, nel quale non è riscontrabile strumento alcuno che costituisca un elemento utile alla progettualità umana.

L'uomo che spera di veder provenire una risposta dalle "labbra" dell'Angelo, invano. Lo sguardo non può che rivolgersi verso il mondo quotidiano, verso quell'albero qualunque, l'uomo, il suo mondo.
E poi Rilke parla della Notte, dove fa entrare gli innamorati, che nient'altro fanno se non "celarsi la sorte l'un l'altro".
La sorte di cui si parla è indubbiamente la morte, dalla quale gli amanti cercano di fuggire dimenticandone la inesorabile realtà. E questi si perdono, difatti, nell'illusione di cadere l'uno nell'altro.

I Santi si avvicinano a Dio non solo fuggendo dalle cose terrene, ma ricercando nella perdita di sé la vera interiorità, il regno dell'immanenza, l'innocenza animale.
Perdita, perciò, del concetto di Storia, di Memoria, così come gli angeli che non possiedono un "telos", e che non muovono in alcuna direzione i loro gesti (non sanno, appunto, se vadano fra vivi o fra morti).
Lo stesso vale per ogni forma di teologia: in esse si possono fornire domande irrispondibili, questioni aperte, e non si possono articolare risposte, se non in forma dogmatica, come nella religione cosiddetta "cattolica" che significherebbe "universale".

Come cercare di rispondere alla domanda: qual è il sesso degli angeli?

Luca Atzori

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