giovedì 11 giugno 2009

CRISTIANESIMO E CANNIBALISMO

Il cristianesimo, in particolar modo nel sacramento dell’eucarestia, è la più effettiva “burocraticizzazione” del cannibalismo.

Per rendere possibile l’argomentazione di questa mia sentenza, è necessario che si introducano qui i due concetti di eucarestia e cannibalismo.

La prima è il perno attorno cui ruota tutta la cerimonia cristiana. La parola trova la sua derivazione etimologica in eucharisto (che significa rendere grazie), e indica quel sacramento il quale venne istituito da Cristo, secondo quel che viene narrato nei vangeli. Più che un rituale può essere inteso come una vera e propria regola. Durante l’ultima cena Cristo offre il pane e il vino in sacrificio, come corpo e sangue di cui i discepoli si nutrono (simbolicamente).

Dico che è una regola e non un rituale, proprio perché non è l’incontro di persone e l’evocazione accompagnata da gesti specifici a rendere possibile il miracolo, ma questo avviene per ciascuno, viene vissuto passivamente in quanto è stato fissato, svelato, eternizzato (burocraticizzato, appunto).

Il cannibalismo, invece, avviene soprattutto come rituale. È stato ed è ancora presente, il fenomeno, in diverse culture (soprattutto fra gli indiani d’America). Durante le battaglie, gli indigeni di queste tribù, frequentemente avevano l’abitudine di mangiare la carne del proprio nemico, dopo averlo ucciso, al fine di ricavarne la forza, in quanto credevano che l’anima risiedesse nel corpo stesso.

Ora, qual è, più precisamente la differenza fra il rituale e la regola?

Il rituale ha bisogno di essere accompagnato da gesti e azioni che permettano che si realizzi il fine. Ma quel che in esso si genera, nonostante gli atti ripetuti siano sempre i medesimi, è accidentale. Sono gli uomini a far si che questo conservi il suo valore. Mentre invece la regola è fissata in una sorta di codice, e non sono gli uomini a generarla, ma è essa a costituirsi antecedentemente o meglio indipendentemente dall’uomo.

Che cosa succede dunque nell’eucarestia? Cristo trasporta il suo sangue e il suo corpo, su un piano ideale, simbolico, e per far si che questo avvenga dona ai suoi discepoli il pane e il vino. Questi, in tale circostanza cerimoniale, ne daranno il valore che Cristo avrà loro segnato, ma lo faranno grazie alla transustanziazione, ovvero a quel miracolo per cui pane e vino conserveranno solo accidentalmente la loro apparenza, mentre la loro sostanza effettiva andrà a coincidere con quella divina per l’appunto. E c’è dunque un’eternizzazione del corpo e del sangue. Ciò sta proprio a significare questo, ovvero quel che Gesù fa è un dono: quello dell’eternità dell’anima.

Poi avviene la crocifissione, ove il nemico è pubblico e ha scelto di non lottare. Subisce solo. Facendo questo fa dono a tutti gli uomini della sua salvezza.

Ma analizziamo meglio... i discepoli mangiano il pane e bevono il vino, proprio perché questi significano corpo e sangue (pur non essendo tali); ma se l’ultima cena fosse consistita nell’atto di sbranare il maestro da parte dei discepoli, di certo non avremmo riscontrato l’eucarestia. Questo poiché trasportando su un piano trascendente quella che è la materia umana, si genera appunto un sacramento. E quello che Cristo compie è propriamente un sacrificio, in quanto egli genera un qualcosa di sacro, e per far questo si priva di qualcosa, ovvero della sua stessa vita, e la trasporta verso Dio. Quel sangue e quel corpo sono doni che vengono offerti a Dio, e quel che resta agli uomini è solo l’elemento simbolico. Così ogni qual volta noi partecipiamo al sacramento dell’eucarestia, in realtà ci nutriamo dello spirito santo, e dunque ci appropriamo di quella forza che appartiene a Cristo, la quale è per l’appunto trasportata su un piano spirituale, e dunque eterno, proprio perché non ha bisogno di un gesto perché avvenga (come appunto cibarsi del proprio nemico).

Cristo segna dunque una distinzione fra due mondi: quello celeste e quello terrestre.

L’analogia di cui potremmo servirci è quella della banca, in cui non sono realmente conservati i nostri averi, ma sono piuttosto registrati, ed esistono dunque solo su un piano astratto, convenzionale.

Per questo il cristianesimo è la burocraticizzazione del cannibalismo: proprio perché ha donato la stessa carne e sangue, dunque la vita, l’ anima dell’uomo, a Dio, il quale non viene più identificato con la stessa sostanza umana. Il cannibalismo, che è effettivamente una delle prime e maggiori forme di cultura (proprio perché con esso si ha una “colonizzazione” dell’Altro) viene sostituito con una dottrina che fa diventare quest’Altro il trascendente stesso, portando perciò nell’uomo la speranza di un’altra vita, imprimendo questa come una vera e propria norma eterna.

Luca Atzori

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