giovedì 12 gennaio 2012

NOSTALGIA DEL TOTALMENTE ALTRO

C'è un saggio che ho letto e che mi sembra molto attuale, ed è di Max Horkheimer, si intitola “Nostalgia del totalmente altro” (1970).
È un saggio che riesce a trattare insieme una interpretazione del pensiero marxista (quindi comprendente la letteratura anche francofortese) e la teologia.
Horkheimer appare come un marxista fatalista. Sembra che la sua sia una presa di coscienza dell'ineluttabile e necessario mutamento storico, dal quale è possibile trarre stralci oracolari di preveggenza, in fondo esattamente come faceva Karl Marx, o come farebbe qualsiasi economista accorto.
La sua lungimiranza stava nel prevedere che la società dell'epoca sarebbe andata verso una crescente e progressiva razionalizzazione, fino a diventare completamente amministrata. Addirittura sarebbero spariti i grandi “capi”, le figure di potere, perché una volta insediato il potere e concluso il processo di amministrazione totale, tutto sarebbe venuto da sé.
L'era dell'accelerazione, della fretta. Un'era però al contempo “bipolare”. Bipolare nel senso psichiatrico del termine (allegoricamente-ma non troppo-parlando) perché alla fretta e al controllo si contrappone un nascosto bagaglio di patimento, di insoddisfazione, di inadeguatezza, di nostalgia, appunto, del totalmente altro.

Così Horkheimer propone un argomento strettamente teologico di derivazione quasi mistico-negativa.
Si sa che egli fosse di religione ebraica, e difatti affronta un'analisi molto interessante sul nome stesso di Dio, scritto con un apostrofo. L'ambito del teologico viene pensato qui, come quello che riempie la più totale negazione dell'identità costituita del potere totalitario (in questo caso capitalistico). Un'irrazionale ma non razionalizzato. Tutto l'impensabile, come ritorno all'esperienza indecifrabile e perciò stesso non amministrabile.
Sembra che Horkheimer pensi alla sfera teologica come rappresentante di quell'unica forma di resistenza. Quasi un'arma bellica.

« Teologia significa qui la coscienza che il mondo è fenomeno, che non è la verità assoluta, la quale solo è la realtà ultima. La teologia è - devo esprimermi con molta cautela - la speranza che, nonostante questa ingiustizia, che caratterizza il mondo, non possa avvenire che l'ingiustizia possa essere l'ultima parola » (Horkheimer – nostalgia del totalmente altro)

Sembra anche che (nonostante i due non fossero perfettamente in linea) ci sia una vicinanza con la famosa frase di Heidegger “solo un Dio può salvarci”.


« ma può produrre solo la speranza che ci sia un assoluto positivo. Di fronte al dolore del mondo, di fronte all'ingiustizia, è impossibile credere nel dogma dell'esistenza di un Dio onnipotente e sommamente buono. » (Horkheimer – nostalgia del totalmente altro)

È quella speranza che sorge dalla più totale disperazione. La speranza di una giustizia finale, che potrebbe essere parafrasata con la “speranza della fine”. Una speranza che forse deve rimanere tale, proprio perché pensata in vista di un assoluto non potrebbe che contraddire sé stessa. Credo personalmente che sia la speranza di ciò che già c'è, o anzi di ciò che va oltre l'essere, oltre il definito, oltre quell' hegeliano cammino verso il sapere assoluto.
Una semplice nostalgia, un semplice sentimento. Un sentimento da conservare, come arma estrema di lotta.
La negazione più assoluta e silente.

Luca Atzori

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