giovedì 26 gennaio 2012

MATTI DENTRO LE RIGHE

"Ci sono sempre falsi profeti. Ma nel caso della psichiatria è la profezia stessa ad essere falsa, nel suo impedire, con lo schema delle definizioni e classificazioni dei comportamenti e con la violenza con cui li reprime, la comprensione della sofferenza, delle sue origini, del suo rapporto con la realtà della vita e con la possibilità di espressione che l'uomo in essa trova o non trova." Franco Basaglia





Soggiornare dentro un “repartino” o vivere in una casa-appartamento etc sono esperienze e condizioni che possono apportare per ciascuno un significato diverso. Per alcuni rappresentano il crisma di un'esistenza fallita, per altri un alibi, per altri ancora una campana di vetro o un inferno e via elencando.
Per tutti hanno una funzione (dichiarata), ed è quella di riabilitare alla vita riconosciuta consensualmente come “normale”.
Consenso e norma, due concetti assai vaghi, che rendono altrettanto aleatoria una possibile risposta alla domanda: che cosa significa curare un malato mentale?
Qualora una persona si trovi a vivere una crisi psichica profonda, prima ancora di essere ricoverato, gli possono capitare migliaia di cose, accompagnate da due sentimenti ricorrenti: la paura e la vergogna.
Paura del mondo e di sé stessi, e di conseguenza vergogna.
Ogni qual volta si esca fuori dalle righe, ecco pronti gli occhi giudicatori, molto più sottili, attenti e invisibili di quanto ci si aspetti. Molto spesso sono gli occhi carnefici che nascondiamo dentro noi stessi..
Ci sono comportamenti che sfuggono all'interpretazione, alla comprensione e alle lenti sicure con le quali siamo normalmente abituati a leggere il mondo. Così quel determinato modo di essere va nascosto, rieducato, reinserito (e spesso il concetto di educazione coincide con il cancellamento).
Durante i giorni o soggiorni di reclusione, avviene innanzitutto uno svuotamento dell'identità. I farmaci assumono un ruolo primario. La vita individuale viene venduta all'istituzione, e così viene prosciugata, incasellata. Viene ad aggiungersi un terzo cognome. Mario Rossi schizofrenico, Francesco Vattelapesca bipolare e via dicendo.
La malattia è il primo passo verso un'oggettivazione. Tutto questo per rendere la situazione più comprensibile, o meglio controllabile..
Parlo della vita da malato, svolta fra i centri diurni, i c.s.m, le case appartamento, conchiusa in una logica coercitiva che stampa sulla fronte della Persona uno stigma di invalidità, molto spesso comodo sia al paziente che al mondo del lavoro. Ed ecco che una persona dotata di particolare sensibilità, acquisisce magicamente gli stessi privilegi di cui gode il disabile motorio o via dicendo.
Una subdola e insidiosa forma di biopolitica va a delineare le potenzialità corporee di queste persone. Nelle case appartamento, repartini o altri di questi luoghi non si può fare l'amore (gli educatori concedono ai pazienti di andare con le puttane, questo è il confine del sentimento) tutte le attività che vengono svolte dai pazienti sono spesso private del loro valore ed essi stessi privati del loro merito che viene scippato dall'istituzione, così che ogni attività ricreativa (artistica o quant'altro) si mostra come terapeutica, riabilitativa.
Così sulla pelle del soggetto iniziano a scriversi libri su libri che portano i volti del trauma. Tutto per non creare troppo disagio nelle signorine e signorotti del centro città, dalle tanto urbane abitudini.
Perché non è bene che i matti ricevano troppi stimoli, perché è bene che arrivi l'ora del risperdal, perché non è possibile per essi fare scelte sensate che gli permettano di vivere nel nostro beneamato paese democratico, non è bene che votino, che lavorino, che vivano in una casa normale. Tutto questo limite è imposto dal mondo del lavoro e dall'economia tanto sana, che nel caso in cui se ne deragliassero i contorni, ti concede l'assistenza e la pietà, e magari un po' di violenza, che non fa “mai male”. Che dire? Perché, direbbero alcuni dottori: siamo interessati a mettere “i matti dentro le righe, non sopra”.

Luca Atzori

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