L'arte contemporanea (oggi) porta in sé il difetto della sua stessa presunta contemporaneità, perché tutto quel che riesce a dimostrare è di essere un esempio perfetto di anacronismo. Le varie biennali di Venezia, insieme agli innumerevoli eventi che ruotano intorno alle novità dell'arte, sono esempio di un'ipertrofia di linguaggi, che nonostante l'accelerazione, la sofisticazione, la presunta complessità tematica che vogliono trattare, trasmettono sempre lo stesso medesimo vuoto, e offrono conferma della staticità globale nella quale risiedono.
Da diversi anni vediamo vagare nell'aria i nomi di Cattelan, Koons, Pistoletto, Abramovic, etc.
Uno appende i bambini impiccati agli alberi, o si presenta alla tesi di laurea vestito da asino, un altro fa palloncini a forma di cuore o ingaggia pornostar da usare come suppellettile, l'altro ancora spezza gli specchi, e l'altra passa ore a muoversi intorno a se stessa fino a stancarsi.
Quel che mi domando io è: che cosa hanno da comunicarci questi signori?
Prima di rispondere a questa domanda retorica (perché la risposta è “niente”) vorrei fare un piccolo quadro di quelle che sono state le avanguardie e quale il loro ruolo.
Nel novecento ci sono stati diversi movimenti artistici ( facenti parte appunto di quelle che vengono comunemente indicate come avanguardie storiche) che avevano come interesse principale quello di comunicare i loro contenuti attraverso la forma della loro espressione, facendo quindi una ricerca di stampo tecnico o espressivo, appunto. L'apice di questa ricerca, si può dire sia stato toccato da Duchamps, che con la sua opera “La Mariée mise à nu par ses célibataires, mêm “ ha inaugurato quella che è la fase concettuale dell'arte.
Il punto è che più avanti, i cosiddetti post-duchampiani (che meglio sarebbe definire post dushampisti) si sono rivelati eredi solo più della fuffa dadaista (che era allora mossa da una sincera esigenza di negazione) e non hanno considerato che per essere artisti bisogna possedere anche uno Spirito, e non solo la furberia, o la pretesa di un vago discorso sull'arte (oggi oltremodo inutile, oltre che niente affatto interessante).
Così vediamo tante opere, spesso noiose, e ammaliati dalla presunta serietà di queste ci facciamo catturare e per ciò stesso divorare.
Qual è il problema fondamentale in tutto ciò? Io ritengo che oggi nell'arte manchi totalmente qualsiasi interesse rivolto verso il contenuto vero e proprio, e ci si rivolga solo più alla forma, relegati ancora alla centralità dell' aspetto estetico, glaciale al punto che il gelo va a trasferirsi nelle esistenze stesse dei fruitori medesimi (collezionisti di giocattoli), affetti da una certa non so quale frigidità spirituale, dove l'occhio viene attirato da dettagli inutili, senza che qualcosa venga effettivamente detto.
L'arte oggi parla solo dell'arte, cioè del nulla.
Qualcuno sostiene che non ci sia nulla da comunicare. Chiaro, questo è l'attuale stato di cose nell'era cosiddetta postmoderna, perché ci tocca vivere in un mondo che intende dire anzi addio alla comunicazione, e da il benvenuto alla crescente ipertrofia di informazioni mettendo il tappetino pronto per la passeggiata del panico generalizzato.
Ma quello che al massimo si può guadagnare visitando una bella mostra, è (se si è fortunati) un' emozioncina, magari positiva, magari negativa, ma rigorosamente vuota, anzi quasi determinante a una presa di coscienza fine a se stessa, immobilizzante.
Gli artisti o sono interessati a vendere e quindi pronti a trovare sempre nuovi metodi per stupire, scandalizzare, investendo quei soldi che avevano guadagnato nella mostra precedente (sostanzialmente paragonabili a normalissimi imprenditori) oppure ti vengono a dire che lo fanno per passione, e magari si accontentano di poco, accettano di farlo come secondo lavoro, trovano un temino da affrontare e sviluppare e vanno avanti così fino a che non si stancano, perché “ero artista perché è bello, perché si scopa”.
Il punto è che si è giunti a questo, perché oggi pare essere diventato puerile indicare l'arte come un mestiere.
Forse in realtà da sempre la maggior parte dell' arte è stata solo spazzatura, gli artisti cortigiani, e va bene, nulla è cambiato.
Però proprio oggi che l'arte è così diffusa, è ancora più lampante l'aspettativa primaria che riponiamo in essa, e non pretendiamo chissà quale miracolo: ci aspettiamo banalmente che essa ci dica qualcosa.
Il punto è che solo chi ha veramente qualcosa da dire, può permettersi di farlo. Chi decide se una persona possa dire o meno qualcosa?
L' urgenza. Che poi si serva di tutti i mezzi che vuole (e detto francamente può anche arrivare a soluzioni raffazzonate).
Invece siamo alle solite, il solito deserto.
Bisognerà capire che finché nel mondo dell'arte si andrà avanti con questa gara a chi ottiene il primato dell'arricchito fannullone, al di là del guadagno economico e una simpatica pacca sulle spalle non si otterrà di certo nient'altro.
È necessario mettere lo Spirito al di sopra dell'economia e del cieco piano materiale sul quale si muovono questi mercenari votati alla idolatria del nulla.
Abbiamo bisogno che qualcuno ci dica qualcosa. Non è necessario oggi sovraccaricarsi di nozioni, spesso solo deleterie, ma piuttosto bisogna muoversi nel mondo con l'attenzione che si avrebbe restando in equilibrio sopra una zattera, alla ricerca di una voce che muova un grido che si distingua fra quello dei canti innumerevoli di queste migliaia di sirene.
Non abbiamo più bisogno di allucinazioni, chiediamo realtà.
Luca Atzori
mercoledì 10 novembre 2010
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e'un concorrente/alternativa alla televisione. non molto di piu. ed e'ancora la televisione a dettare il ritmo.
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