La musica anti-idiomatica
di Luca Atzori
Quando si parla di generi musicali più complessi come il jazz, o la fusion, è facile andare incontro a un fenomeno tanto diffuso e naturalizzato, quanto irritante, che è quello della valorizzazione della sola performance . I commenti che seguono a certe jam session sono spesso rivolti alla velocità con cui il musicista muove la mano, o alla conoscenza delle scale, così tutto l'insieme di elementi tecnici contribuiscono a rendere l'aspetto artistico più carente, (addirittura irrilevante) gonfiando l'ignoranza degli ascoltatori.
Non bisogna trascurare poi, tutta la mole di musica destinata al mercato, che risulta ricoprire un ruolo di ornamento della propaganda, che nell'era della cosiddetta “riproducibilità tecnica” può essere ritenuto come valore imperante.
Esiste però un filone musicale che prende a carico il compito di andare oltre questi principi (assegnati da chissà quale subdola e ineffabile entità legiferante), ed è quello della musica anti idiomatica.
Un esempio a Torino è Chris Iemulo, nato a Siracusa nel 1978, laureato presso il DAMS di Bologna e attivo in campo musicale da quasi vent'anni (durante i quali ha studiato con personalità come Carlo Muratori, Phil Singer, Markus Stockhausen etc).
Si può dire che Chris Iemulo abbia iniziato a distanziarsi da una certa tradizione che concerne la musica occidentale, la quale si vede circoscritta entro certi schemi, chiusa nell'unica possibilità tonale e limitata a sole dodici note, facendo un salto indietro di trecento anni e cercando di ripercorrere quella strada iniziata da compositori come Schoenberg, Webern, Stockhausen, e che si dirigeva oltre le barriere del temperamento equabile.
Tanto la musica pop quanto quella più ricercata, difatti, rientrano sempre entro le categorie gestaltiche dell'insieme che deve risultare armonico e sequenziale.
Quando si viene a contatto con la musica di Chris Iemulo si può avere invece la prima impressione di non capirci nulla, seppure la musica anti-idiomatica, paradossalmente, si ponga un obiettivo contrario, ovvero quello di generare nuove variazioni che riescano a distogliere l'attenzione dalla tecnica, e che siano lungi dunque dal desiderio di provocare stupore in chi ascolta.
La musica anti-idiomatica è oltremodo (e anche qui paradossalmente) idiomatica, ma in senso negativo, perché raccoglie in sé tutti gli idiomi. La sua concezione della musica va oltre quella propriamente illuministica. Potrebbe essere accostata, per la sua estemporaneità, a quel movimento artistico d'avanguardia nato negli anni sessanta che portava il nome di Fluxus, perché non è in fondo altro che uno stream of consciousness, che però non cade mai nella tentazione di affondare ad ogni costo in una cultura del brutto (via semplicistica, e battuta da molti).
Chris Iemulo sta attualmente suonando con un Ensemble collettivo che si pone come fine quello di valorizzare una visione comunitaria dell'arte, dove anche l'individuo trovi il proprio spazio e al contempo, attraverso l'improvvisazione, riesca a sfruttare le potenzialità musicali degli strumenti nonché creative personali, cercando di concretizzare una musica fondata principalmente su una ricerca umana oltre che artistica (e a proposito di trasversalità Chris Iemulo collabora per il teatro con la compagnia Eidos teatro).
Se esiste un certo modo di fare musica, sarà dunque perché esiste un'esigenza prima di tutto esistenziale, senza la pretesa di dire ne niente di nuovo, ne niente di strano, ma con la speranza di poter donare dignità all'arte, e con essa a tutto ciò che concerne un ideale artistico che si va forse dimenticando e che necessita oggi di maggior forza e motivazione.
martedì 5 ottobre 2010
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