venerdì 2 aprile 2010

LO SGUARDO DUPLICE




Intervista a Elvira Falcone


di Luca Atzori


Elvira Falcone, formatasi nella bottega di Mauro Chessa, è una pittrice che da diversi anni opera nell'area torinese a livello professionale. Ha partecipato a diverse mostre in tutta Italia, tra cui importanti sono state la personale alla Galleria Davico e la collettiva alla Allegretti di Torino. Durante il mese di marzo ha partecipato alla mostra "Alone Togheter" presso mICROmACROaRTzONE (via Principe d'Acaja 14, Torino), collettiva in cui hanno esposto anche gli artisti Paolo Ferraris e Domenico Sorrenti.
L'ho incontrata nel suo studio in Corso Valdocco per farle alcune domande sul suo lavoro.


Tanto per cominciare, su che cosa si fonda il tuo lavoro?
La mia ricerca pittorica ruota principalmente attorno a soggetti umani.
Attraverso ciò io cerco di rispondere ad un quesito che un artista figurativo che viva nel nostro secolo non può non porsi, ed è questo: “è possibile oggi incontrare un'arte forte? È possibile un grande impatto espressivo? Può una forma di espressione come la pittura, non continuare ad essere considerata come un'arte antiquata e di nicchia?”


E perché cerchi di raggiungere questo attraverso la rappresentazione di figure umane?
Non è una scelta, ma piuttosto una necessità. Non mi interessa descrivere soltanto ciò che vedono gli occhi umani, ma piuttosto raccontare anche le loro stesse facce.
Io ritengo impensabile, al momento, per quel che mi riguarda, di lavorare con elementi che non siano umani (e intendo qui volti, corpi etc.).


Nelle tue opere c'è sempre una potenziale doppia lettura. Puoi parlarcene?
È un tentativo di fare emergere una visione duplice delle cose, di fare coesistere elementi opposti. Questo è l'uomo, in effetti: un conglomerato di contrari polarizzati che costituiscono la sua essenza presa nella sua totalità. Basta un piccolo particolare per donare all'opera una sostanza totalmente differente. Ad esempio mi viene in mente una mia opera (Il sadico, il giudice, il compagno e l'assassino) che raffigura apparentemente in maniera innocente, quattro ragazzi. Se però si guarda meglio si nota un banale particolare, un uccellino che viene ammazzato da uno dei ragazzi. Questo dona all'immagine un tono e un senso completamente diversi.




Che cosa puoi dirci riguardo il tuo stile pittorico?
A differenza di molti che iniziano con il figurativo per poi muoversi verso la sperimentazione, il mio percorso è abbastanza inverso. Io ho iniziato con la raffigurazione di soggetti molto onirici. Mi interessava molto il tema della sospensione, dunque anche dell'irrealtà. Ora invece sono diretta sempre di più verso uno stile realistico, alla raffigurazione delle cose prese nella loro concretezza ma che al contempo non tradiscano la mia interiorità (per quanto ciò sia possibile).

E a proposito del tuo percorso artistico?
Ho iniziato prendendo lezioni da Mauro Chessa, un percorso solitario per scelta approdato poi in alcune mostre (la prima avvenuta a Roma).
La più importante è stata la “Davico” che ha avuto un bel riscontro di critica. Ho poi continuato con diverse collettive di cui l'ultima è avvenuta proprio a Marzo, alla Microartzone. Ne ho fatte inoltre in passato alla galleria Narciso, all' Allegretti, al circolo degli artisti.

Progetti per il futuro?
Continuare a esporre, e proseguire con questo discorso sperando che mi porti a raccontare con sempre maggiore consapevolezza la mia interiorità, facendo da specchio verso le immagini prese nella loro essenza contingente e simbolica.

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