martedì 29 settembre 2009

NULLA MANCA, O TUTTO?

L'Essere è equivalente al Pensiero. Non è possibile, cioè, pensare ciò che non è, proprio perché se tutto ciò che esiste risulta essere ciò che è, allora proprio perché è esso è l'unico oggetto di pensiero, non è possibile dunque che lo si possa non pensare.
Questo è il nucleo più sostanziale del pensiero di Parmenide, con il quale, secondo Aristotele, ha inizio la Vera Filosofia.
La prima domanda che il filosofo di Elea si pone, è questa: Che cosa c'era prima di quest'essere? forse il nulla?
La sua conclusione è che non sia possibile pensare che l'essere derivi dal nulla, in quanto esso sarebbe generato e corruttibile, e in tal caso non possederebbe le caratteristiche che presenta; difatti l' Essere va considerato come ingenerato, eterno, statico, e non può in alcun modo tornare o venire dal niente.
"L'Essere è a contatto con l'Essere".

Il Nulla, invece, non è possibile nemmeno pensarlo, perciò non è. Da qui la sua famosa affermazione: "L'Essere è e non può in alcun modo Non Essere, e il Non Essere non è e non può in alcun modo Essere".
A una prima lettura, questa frase potrebbe apparirci come tautologica. In effetti lo è, proprio come lo sono i grandi assiomi matematici.
Piuttosto, però, bisogna considerare come centrale l'identità che c'è fra Pensiero ed Essere, e che fa in modo che sia possibile pensare solo ciò che è, e non ciò che non è.

"Tutto il mio genio è nel mio naso" diceva Nietzsche. Ed infatti, il pensiero è reso possibile da questa capacità che noi abbiamo (in quanto animali) di "fiutare" quel qualcosa che c'è davanti a noi. Ma attenzione, dobbiamo qui considerare la centralità del ruolo trascendentale dell'Essere e non dunque ad una possibilità di giungere alla cosa fuori dal nostro pensiero.
L'Essere si manifesta solamente nel pensiero, e viceversa.

Da qui arriviamo al concetto di Ananke. Ananke è una parola greca che significa "necessità", e più precisamente indica una divinità che tiene immobilizzato l'Essere, rendendolo immutabile.
Tutto ciò che è, risulta essere deterministicamente necessitato. Non è possibile infatti pensare l'Essere come manchevole di qualcosa, perché in tal caso sarebbe "manchevole di tutto".
Ananke impedisce, dunque, che l'Essere sia Altrove, facendo in modo che esso sia esclusivamente qui.

E' forse possibile ripensare l'Essere ribaltando la teoria Parmenidea nella concezione di Gorgia secondo cui invece Nulla esiste?
In effetti, che cosa vuol dire Essere? Le cose a cui io attribuisco l'Essere, esistono davvero tutte? Che differenza c'è in fondo fra un qualcosa di fisico e tangibile, un ente immaginario come il cavallo alato, oppure un ente sociale come l'amicizia, o il bacio, etc.
Posso prendere in considerazione la possibilità che un bicchiere che io veda posizionato su un tavolo davanti ai miei occhi, in effetti, esista nello stesso modo di come esista il fantasma formaggino?
Se non ci fosse stato il concetto di Essere, infatti, non avrei potuto considerare l'esistenza di nessuno di questi enti. Forse che dunque il concetto di Essere è una nostra follia. Un vero e proprio delirio. O una più semplice sofisticazione di quello che prima era solo fiuto (anch'esso, di per sé, strumento trascendentale) .
Gorgia sosteneva che nulla esistesse. Cioè con questo intendeva più precisamente che la parola e il verbo che noi utilizziamo, non indicano qualcosa che esista fuori di noi, e quindi in realtà non possiamo comunicare nessun Essere di nessun oggetto, ma solo proferirlo, o "cantarlo".
Da qui la famosa affermazione di Heidegger: "Il linguaggio è la casa dell'Essere".
Effettivamente tutto ciò che è (pensabile), risiede unicamente nella nominazione.
Perciò è giusta l'equivalenza fra Essere e Pensiero, ma solo, appunto, nel terreno della nominazione. Di per sé fuori del Verbo Essere, non è possibile pensare a nulla di esistente. E l'Essere stesso non va pensato come ente (altro fraintendimento Parmenideo su cui si è concentrato Heidegger), ma come una ineffabile luce che non fa che donare esistenza alle cose (come il fulmine Eracliteo). Per questo la necessità che Parmenide relegava all'Essere, è nientemeno che quella catena che ci lega a questo verbo, senza il quale, effettivamente nulla sarebbe.
L'Essere è semmai, nient'altro che un folle gioco, e come tale dotato di "vita" propria.

Luca Atzori

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