martedì 28 luglio 2009

QUANDO TUTTO SI MOSTRA NUDO


La critica postmoderna afferma che tutto sia nientemeno che "estetizzato", e qui bisogna precisare che non si intende che lo sia diventato, bensì che lo sia sempre stato. La logica del progresso (o meglio, della sua narrazione) ha portato all'omologazione di ogni individualità in un'unica entità: un nuovo ente perfettissimo, dotato di puro complimento ontologico, privo di alcuna storicità, quel simulacro miticamente profetizzato da Jean Baudrillard in "lo scambio simbolico e la morte". La quidditas di questo ente è da rilevarsi nientemeno che nel confine che riscontriamo fra il suo "essere" e il vuoto, ovvero nel mondo, inteso per dirla ad esempio con Wittgenstein, come tutto ciò che accade.
Il tutto si è "onticizzato", e non ha più importanza quali siano i contenuti del suo discorso, ma solo più quali e come siano fatte le sue superfici.
Siamo giunti finalmente a quell'ambito traguardo del non sense, inseguito tanto dai logici di ogni tempo, e l' egemonizzante tecnica, divenuta totalizzante, costringe colui che necessiti di liberarsi da questa trappola di specchi, a prendere coscienza della più tragica delle solitudini, riguardante da vicino colui che è stato gettato in mezzo alla palude accompagnato da poche saggezze, magari raffazzonate, alla ricerca di una voce che si distingua dalle grida.
La civiltà narcotizzata ha dimenticato la misura di ogni "sogno di autenticità", divorato dalle chimere che noi seguiamo ancora con i nostri sguardi trasognanti. Siamo noi i cittadini della Nuova Bisanzio, seguiamo un numero infinito di traiettorie accostandoci in maniera asintotica al punto meridiano, l'abissale occhio che giudica nientemeno che la qualità, nell'indeterminata e costante evoluzione materiale.
L'assioma è crudele, e dice che nulla, oramai, possiede il merito di attenzioni davvero serie; ogni filosofo, come ogni artista, sono diventati parte di un grande spettacolo in cui tutto si presenta nudo di fronte agli occhi di tutti, e non è più immaginabile elevarsi, tocca piuttosto "pensare" di districarsi.
Considerare che l'essere è così perché è così. Diventare noi, oggetti divini.

Sara vero?

Luca Atzori

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