mercoledì 9 marzo 2011

PREGHIERA ALTRA




Barchetta di carta di Amalia de Bernardis


di Luca Atzori


“Preghiera altra” è il titolo della raccolta poetica edita dalla casa editrice romana “Aletti editore”. L'autrice è Amalia de Bernardis, classe'84cosentina di nascita, torinese di adozione.
Amalia opera nel campo del teatro e ha una sua associazione culturale chiamata “Cantiere Altrigo”, con la quale si prefigge l'obiettivo di esplorare il tema dell'alterità, attraverso la sperimentazione scenica e performativa.
Questo è il suo primo libro, e porta con sé una forte traccia di un contenuto.
Sin dai primi versi, ci si rende conto che le parole possiedono una vita, e più che lette, ricordate, o capite, vanno viste, vissute, ascoltate e digerite.
Un' opera certamente teatrale, dove la poetessa porta presso di sé il compito di esporsi nuda, come se la nudità fosse l'unico vero vettore di conoscenza. Un'esposizione antisociale, antiumana. Sono le parole di chi non ha una compagnia. Di ogni anima sola.
Di quell'essere umano assoluto che è poeta e insieme attore. Di chi si dichiara folle, dal luogo di un oltre che noi possiamo ascoltare dentro noi stessi, senza per ciò stesso vederlo, se non attraverso qualche barbaglio che nelle preghiere di Amalia si manifesta a tratti, seppure per definizione irraggiungibile, se non da se stessi, oltre sé stessi.

L'ho incontrata e intervistata in un bar di Torino.




Amalia, la prima domanda che vorrei farti è se si può indicare un genere letterario in cui si possa comprendere la tua opera.

Io non credo in un genere letterario. Scrivere è urgente, e non mi pongo interrogativi sul “come” o sull'estetica. La mia scrittura è impulsiva, e non ragionata. Nasce come un vomito. Posso dire che le autrici che sento più vicine a me sono Mariangela Gualtieri e Margherita Yourcenair.
Ma per il resto non amo le limitazioni, perciò non amo i generi.

Hai però una tua visione, una tua “poetica”.

Mi chiedi se ho una mia visione... posso risponderti che io ho le visioni. Le mie poesie sono traduzioni di quel che vedo. Io ricerco l'altro, l'oltre. Cerco di perforare le cose per trovarne il nucleo.
Scatto fotografie alla realtà e alle mie sensazioni. Non ho il potere di bastarmi, ho bisogno continuamente di superarmi.
Ho inoltre un forte rapporto con i sogni, e alle volte ne sono ossessionata.

Ti servi spesso dell'utilizzo di una chiave mitologico religiosa. Perché?

Devo partire dal principio. Credo che ciascuno dovrebbe riuscire a crearsi un nuovo Vangelo, una nuova Bibbia.
Sono inoltre molto legata alle questioni di fede, e non a caso ho fatto uno spettacolo su Maria Maddalena.
Poi sono calabrese, e dove sono cresciuta Dio è molto presente. Per questo mi rivolgo spesso a lui, per giustificare i miei dolori. Questo per me è il senso dell'incarnazione.

Che significato ha il titolo dell'opera?

È la preghiera che non si rivolge ai santi. La preghiera come scrittura, e perciò momento di alta sacralità. Preghiera che si rivolge all'altro, dove il limite ultimo sono le parole, davanti alle quali chiudere gli occhi, proprio come nelle preghiere, e semplicemente recitarle.

Da quello che dici si intuisce il sodalizio che cerchi di raggiungere fra il teatro e la poesia.

Proprio perché è preghiera è orazione. È con l'immagine che mi do che cerco di recitare la mia preghiera. Voglio dare una carne ad esse (le parole). Voglio che possano toccarsi. Voglio dare loro un'identità. Non sono parole che vanno lette, vanno solo rigurgitate.

Perché la scelta di certi miti?

Ad esempio ho scelto il mito di Icaro perché rappresenta una persona del mio passato che viveva davanti la mia finestra. Maria Maddalena è stata perseguitata perché non fosse mostrato un certo modo di vivere la sacralità. Siamo figli di una religiosità maschile. Io credo fermamente nella passione, nel senso di patire e insieme nel senso di amare.
Achille è l'altro incompreso. Pentesilea si arrampica alla sua gola, come a quella di un Dio. Achille è il Dio in carne umana. La scuola ci ha fatto ingoiare tante puttanate riguardo i miti greci. Io credo che noi si abbia il dovere di ricercare il mito per partire dal principio, e tradurre la propria vita.
Il poeta è una creatura scorticata che deve mediarsi con l'umanità.

La dedica per chi è?

È dedicata al mio compagno. E questo libro è nostro figlio. Cerco di esprimere l'amore come forma di estasi mistica. Come meta. Cerco di esprimere l'abbandono totale, reale.
Lo faccio senza ricercare particolari stili. Sono sgrammaticata e lo sono per scelta. Non credo che l'arte debba risolvere il proprio linguaggio, ora si tratta di passarci attraverso. Abbiamo bisogno di contenuti. Non c'è più bisogno di talenti, c'è bisogno di genio.

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