“Perché le parole che voi adoperate non sono più parole” Leo Ferrè
Quel che la mia sensibilità di ventiseienne (dal futuro un po' incerto, ma che in fondo non c'è poi interesse a render chiaro più di tanto)... quello che avverte incombere attorno a sé, è l' “estinzione” del concetto di comunità.
Di per sé la comunità è incoffessabile come avrebbe detto Blanchot, o inoperosa come avrebbe detto Nancy.
Celata dalla frana degli oggetti che sono il frutto della produzione stessa, o dall'identità marchiata, come ogni sentimento, ogni malattia, ogni desiderio, marchiatI.
Così, illusi, camminiamo insieme con lo sguardo rivolto verso il compimento del nostro successo, cercando di specchiarci in quel fabbricato, dichiarando al mondo “anch' io ho fatto qualcosa, anch' io produco!” mentre gli sguardi diventano persi, distratti (intendo quelli rivolti al cuore).
Il comunismo reale è l'esempio più lampante di che cosa significhi tradire la comunità.
La democrazia è un altro problema, il più grande intralcio attuale. Essa garantisce lo sviluppo dei grandi poteri economici mondiali (che non a caso hanno scelto questa forma di organizzazione politica), agendo come un sedativo nei confronti di ogni senso comunitario.
Ogni qualvolta gli uomini progettino in vista della costruzione di un sistema funzionante, tradiscono l'originaria necessità di essere insieme comunitariamente.
Un esempio è l'università, dove molti studenti ambiscono a diventare ricercatori, ignari che per diventare tali devono sottostare a regole che non fanno altro che rendere la cultura sempre più costretta al silenzio, perché imbrigliata in regole che sono quelle della produzione, dell'accumulo di beni, bisogni. La solita storia.
Il bisogno più urgente pare essere quello di crearsi un futuro, e così tutti a spintonarsi affinché uno arrivi prima dell'altro. E non importa se quel che si avrà da dire o fare sarà più o meno importante, sarà una machiavellica fortuna ad assegnare la vittoria, la garanzia di una vita meno contestabile.
Accidenti alla motivazione.
A soffocare la comunità è oltremodo il linguaggio. Capita spesso di incontrarsi e parlare, piangere, gridare, ridere insieme, ma questo avviene accidentalmente, e non reca con sé alcun potere. È un grido di disperazione concesso e qualsiasi dichiarazione condivisa e conosciuta, è una realtà che va a posarsi sulla comunità stessa come un telo sopra un morto.
Oggi sappiamo che la comunità è un concetto impossibile. Quando ci rivolgiamo ad essa, ci richiamiamo al piano dell' esperienza: indicibile, irrappresentabile.
Una comunità dove ciascuno sia reso invisibile (insieme alla comunità stessa, come oggetto paradossale di pensiero).
That's all folk's
Luca Atzori
sabato 11 settembre 2010
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